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Fossombrone

Area archeologica

Sede dell'area:
Fossombrone - loc. San Martino del Piano

Orario:
Apertura su prenotazione

Contatti: 
IAT Fossombrone
0721 716324 - mail

Area archeologica di Forum Sempronii

Municipio della IV Regio augustea, Forum Sempronii fu fondato da C. Sempronio Gracco tra il 133 ed il 126 a.C., e deve la denominazione appunto al suo fondatore, il cui intervento diretto in applicazione della legge agraria è registrato da un cippo confinario iscritto, proveniente da S. Cesareo di Fano. L’abitato romano si trovava nei pressi del sito occupato dall’odierna frazione di S. Martino del Piano, a 2 km ad Est dell’attuale abitato di Fossombrone, il cui poleonimo continua quello romano. Forum Sempronii sorgeva in una stretta valle lungo il corso del Metauro e sulla via Flaminia, ad una trentina di km dall’Adriatico.

Descrizione

Innanzitutto, nella zona di Fossombrone rimangono imponenti resti dei ponti romani sulla via Flaminia, dei quali alcuni sono ancora in funzione. Il centro urbano era attraversato dalla via Flaminia, che apriva le due porte principali sulla cinta muraria: della Porta Gallica, ad Est, rimane la menzione in un’iscrizione. Delle strade interne sono ancora visibili ampi tratti di basolato; mentre numerose are con dedica testimoniano altrettanti luoghi di culto ad es. a Fortuna, Silvano, Bacco, Apollo, Cibele. I resti più cospicui sono quelli delle terme, un edificio a sviluppo longitudinale con pavimenti a mosaico, un’area absidata e complesse canalizzazioni, frequentato dal I al IV sec. d.C. Al di fuori delle mura sono state individuati due sepolcreti, in ognuna delle direzioni della Flaminia; quello occidentale dei due aveva carattere monumentale. I materiali dal sito di Forum Sempronii, in particolar modo quelli epigrafici, di grandissimo interesse, sono raccolti nel locale Museo Civico "A. Vernarecci".

Il Parco Archeologico di Forum Sempronii - VISITA

La visita all’area archeologica, illustrata da pannelli esplicativi, ha inizio dall’area della Chiesa di San Martino, di origine plebana e le cui attuali linee architettoniche risalgono al XVIII secolo. L’ingresso è posto sulla destra della chiesa dove vi è anche il parcheggio per le auto. I resti visibili si trovano a sud dell’attuale Strada Statale 3 Flaminia, anche se la città si estendeva pure a nord di questa. A fianco della chiesa si possono notare un dolio, un grande contenitore per liquidi o derrate alimentari che in genere veniva interrato per oltre la metà della sua altezza, e alcuni elementi architettonici in pietra: si tratta di materiale recuperato dall’area urbana nel corso di vecchi scavi. Si è già avuto modo di dire che la strada consolare Flaminia ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita della città e che ne è l’asse generatore dell’impianto urbanistico, costituendone il decumanus maximus. La Strada Statale 3 ricalca sostanzialmente il tracciato della consolare alla quale si sovrappone in parte: poco oltre la Chiesa di San Martino, in direzione est, proprio sulla destra dell’attuale strada, è stato messo in luce un tratto del basolato della Flaminia romana. Gli scavi hanno poi consentito di riportare alla luce anche altri tratti di strade basolate e precisamente di un decumano parallelo alla Flaminia e di due kardines, cioè di assi stradali orientati sostanzialmente in senso nord-sud e intersecantisi con questo decumano in modo ortogonale. Questi resti del tessuto viario consentono di ricostruire, seppur in modo ipotetico, l’assetto urbanistico. Nel complesso Forum Sempronii aveva una estensione di circa 24 ettari ed era articolata in isolati (insulae) di forma rettangolare con asse maggiore in senso est-ovest, la cui estensione era di m 105x70, vale a dire 3x2 actus secondo le misure romane. L’area del foro, cioè della piazza pubblica presso la quale si intersecavano i due assi viari principali (il decumanus maximus e il kardo maximus), non è ancora stata identificata, anche se non si esclude che essa possa trovarsi dove ora sorge la Chiesa di San Martino. Sono invece stati messi in luce importanti resti di edifici privati e pubblici, oltre ai già ricordati tratti di lastricato stradale nel quale è impiegata pietra calcarea del vicino Furlo. Proprio dietro la Chiesa di San Martino, subito a est del tratto di kardo ora percorribile, tra il 1879 e il 1881 è stata individuata, ma poi ricoperta, parte di una domus con atrio corinzio, e con pregevoli mosaici pavimentali, tra cui quello che al centro ritrae Europa seduta su un toro in corsa (che non è altro che Giove). Nel 1926 il mosaico venne di nuovo scoperto per essere asportato e trasferito al Museo Nazionale di Ancona dove tuttora si trova. Percorrendo verso ovest il decumanus, in direzione dell’altro cardine urbano messo in luce, si possono osservare altre interessanti strutture. A sinistra la strada è fiancheggiata da una fogna coperta da grosse lastre di pietra locale. Sul lato opposto si trovano otto grandi basi, anch’esse in pietra e interpretate come appoggio dei pilastri di un portico o basi per statue di personaggi di alto rango se non di divinità. Proseguendo, sulla destra si notano i resti di un edificio termale, la cui funzione è provata dalla presenza di pilae, le piccole colonne costituite da mattoni circolari o quadrati e destinate a sostenere un soprastante piano pavimetale ora non più conservato. È questo il sistema di riscaldamento noto come “ipocausto”, basato sulla circolazione di aria calda nelle intercapedini sottopavimentali, al quale spesso si affiancava anche una circolazione parietali tramite la messa in opera di tubuli, e tipico dei complessi termali sia pubblici che privati. Naturalmente è necessario attendere che gli scavi riportino alla luce l’intero complesso, di cui ora è nota solo una minima parte posta in fregio alla strada, ma appare condivisibile l’ipotesi che possa trattarsi delle terme maggiori di Forum Sempronii. Anche lungo il secondo cardine visibile, che interseca a ovest questa strada, recenti scavi hanno messo in luce altre strutture, ora in parte coperte in attesa di restauro, e la cui natura potrà essere definita e compresa solo dopo un accurato studio dei dati archeologici acquisiti. Il grande complesso termale Nella parte meridionale della città, in prossimità della scarpata incisa dal Metauro, è stato messo in luce fra il 1974 e il 1982 un secondo grande complesso termale che forse, almeno per un certo periodo, è stato destinato ad un uso prevalentemente femminile. Le strutture sono ora protette da una tettoia e la visita si effettua percorrendo una passerella che attraversa gli ambienti principali. All’inizio del percorso un grande pannello illustra la planimetria dell’edificio. Si tratta di un complesso articolato in oltre venti ambienti disposti intorno a un cortile centrale. Costruito nel I se colo a.C. la sua frequentazione si protrasse, con sicuri cambiamenti d’uso nella fase più tarda, fino agli inizi del V secolo, quando venne definitivamente abbandonato come dimostra anche la scoperta di due tombe terragne scavate nei pavimenti di due ambienti. Molti vani conservano resti del sistema di riscaldamento a ipocausto e altrettanto evidenti sono le strutture (canalizzazioni e vasche) funzionali all’ampio uso di acqua che si aveva in questi edifici. Il cortile centrale ripartisce il complesso in settori distinti: a ovest si ha una zona con netta prevalenza di ambienti dotati di suspensurae pavimentali e intercapedini parietali, che costituivano il settore termale in senso stretto, mentre intorno ai lati nord ed est del cortile si dispongono stanze prive di impianto di riscaldamento e, quindi, con diversa destinazione d’uso. Nell’ala occidentale l’ambiente maggiormente rappresentativo è costituito dalla grande sala absidata con pavimentazione in mosaico bianco definito da una doppia cornice in tessere rosse e nere. Forse si tratta del frigidarium, a fianco del quale si dispongono gli altri vani con funzioni specifiche che davano vita al tipico percorso termale articolato nella canonica sequenza frigidarium-tepidarium-calidarium. Questi ultimi due vani, che potevano essere presenti anche in numero doppio, non sono stati identificati con precisione ma è logico localizzarli negli ambienti più grandi fra quelli riscaldati con il sistema a ipocausto. Nei muri perimetrali di alcuni di questi sono evidenti le aperture che consentivano l’immissione dell’aria calda dai forni retrostanti. Da notare che in questi vani il paramento murario esterno è in blocchetti di pietra calcarea locale, mentre quello interno è in laterizio, un materiale più resistente al calore e più isolante. Il complesso era dotato di alcune vasche, tra cui una di discrete dimensioni, con fondo in mosaico a tessere bianche e pareti rivestite da lastre (crustae) in marmo applicate su un doppio strato di cocciopesto che aveva funzione impermeabilizzante. Da sud a nord l’edificio era attraversato da una fognatura centrale che raccoglieva le acque utilizzate nelle vasche e gli scarichi delle latrine per riversarli nel vicino Metauro. Le mura. Anche se ne sono rimaste labili tracce è opinione condivisa che la città fosse dotata di una cinta muraria. Su base epigrafica è certa l’esistenza di una Porta Gallica, che probabilmente si apriva nella parte orientale della supposta cortina per consentire il passaggio della Flaminia, ma di cui non si ha ancora testimonianza archeologica. Un tratto di mura urbiche, con annessa torre circolare, si conserva sotto lo stabilimento ex-CIA. Si tratta di una struttura costruita con numeroso materiale di spoglio, qui reimpiegato evidentemente in occasione di una improvvisa e urgente necessità di rafforzare le difese a protezione dell’area urbana. Giustamente si è proposto di attribuire questi resti a un intervento di restauro e ristrutturazione della cinta muraria al tempo della guerra greco-gotica, a testimonianza dell’importanza assunta dalla città nell’assetto difensivo bizantino per la sua collocazione lungo la via Flaminia e in prossimità del castrum di Petra Pertusa.

Realizzazione: Ernesto Paleani Editore

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