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                                  Antrodoco |    
                                 
                               
                              Nell'etimo    
                              stesso di Antrodoco, "tra i monti", è    
                              suggellata la posizione geografica di questo    
                              centro, destinato a trovare un difficile    
                              equilibrio tra le risorse agricole della vallata    
                              alluvionale del Velino e quelle pastorali delle    
                              montagne incombenti. Le notizie di Antrodoco in età    
                              classica sono molto scarne. Definito vicus,    
                              villaggio, da Strabone, un centro demico    
                              secondario non dotato di particolari autonomie    
                              amministrative, le altre provengono esclusivamente    
                              dagli itinerari e quindi dalla sua importanza    
                              stradale come modo di giunzione tra il diverticolo    
                              della Salaria che dava accesso all'alta valle    
                              dell'Aterno vera e propria che si inoltrava nel più    
                              difficile tratto appenninico. Sfuggono pertanto le    
                              origini dell'abitato. L'importanza stessa da un    
                              punto di vista strategico, fa presupporre che esso    
                              fosse già abitato in età preromana, nessuna    
                              prova positiva è mai stata però trovata per    
                              avvalorare questa ipotesi. Neppure i ritrovamenti    
                              archeologici, affidati più al caso od alla loro    
                              monumentalità che ad indagini preordinate e    
                              scientificamente condotte, consentono di delineare    
                              meglio i contorni di Antrodoco in età preromana e    
                              romana. Da ricordare, tra quelli di maggior    
                              interesse, i rinvenimenti d'età romana compiuti    
                              sullo scorcio del secolo scorso durante i lavori    
                              per la costruzione della stazione ferroviaria,    
                              alcune tombe a cappuccina, delle epigrafi ed resti    
                              di alcuni ambienti, che sono stati identificati    
                              con un impianto termale, da collegare    
                              probabilmente sia alle ben note sorgenti    
                              antrodocane sia ai servizi connessi con la mansio    
                              ricordata dagli itinerari d'età classica. Acque    
                              medicamentose che continuarono ad essere    
                              utilizzate anche in seguito, agli inizi    
                              dell'Ottocento, infatti, l'acqua che sgorgava    
                              dalla fontana della piazza grande di Antrodoco     
                              aveva un odore ed un sapore sulfuree, in    
                              conseguenza, non era capace di cuocere i legumi o    
                              di sciogliere agevolmente il sapone. Nell'alto    
                              medioevo ad Antrodoco venne insediata una curtis    
                              in possesso dei gestaldi di Rieti, un centro    
                              importante di organizzazione agraria del    
                              territorio, passata poi all'abbazia di Farfa che    
                              ne fece un centro specializzato per l'allevamento    
                              di bovini, ovini e suini. La curtis si    
                              trasformò poi in castrum probabilmente nel    
                              X secolo durante le prime fasi dell'incastellamento.    
                              Scemata e poi scomparsa in questo periodo    
                              l'influenza farfense, Antrodoco divenne sede di un    
                              gastaldato minore, compreso nel territorio del    
                              comitatus reatino. In seguito alla conquista    
                              normanna, Antrodoco fu concesso da Ruggero II come    
                              feudo in capite a Rainaldo da Lavareta,    
                              oggi Barete nell'Aquilano. Antrodoco fu tolto nel    
                              1226, dopo assedio, ai Lavareta, che si erano    
                              ribellati, per ordine di Federico II ed affidato    
                              al duca di Spoleto, Rainaldo, e a suo fratello,    
                              Bertoldo. Ma anche i due Urslingen si sollevarono    
                              contro Federico II ed il castello fu conquistato    
                              dalle truppe imperiali nel 1233,entrando a far    
                              parte del demanio federiciano e diventando uno dei    
                              punti nodali del suo sistema difensivo.    
                              L'imperatore svevo vi soggiornò e vi fece portare    
                              i suoi leopardi, simbolo del potere federiciano,    
                              utilizzati anche per la caccia. La demanialità di    
                              Antrodoco, uno dei "passi " d'Abruzzo,    
                              un punto importante di transito, di dogana lungo    
                              la " via degli abruzzi " con lo stato    
                              della Chiesa ed il nord dell'Italia, fu mantenuta    
                              anche dagli angioini, che nella rocca, definita    
                              imprendibile da Lalle Camponeschi, insediarono un    
                              castellano provenzale al comando di una cospicua    
                              guarnigione. Con la fondazione di Cittaducale il    
                              ruolo di Antrodoco, troppo arretrato rispetto alla    
                              frontiera subì un brusco    
                              ridimensionamento,accentuato anche dalla fase di    
                              espansione del comune aquilano,che, a cavaliere    
                              tra il XIII ed il XIV secolo, riuscì ad estendere    
                              la sua influenza anche sulla valle del Velino,    
                              nell'intento di spezzare il dinamismo mercantile    
                              di Antrodoco che nel 1382 fu comprato per 11.000    
                              fiorini d'oro dalla regina Giovanna I, anche se    
                              questa incorporazione fu perfezionata    
                              compiutamente soltanto agli inizi del secolo    
                              successivo con i diplomi del 1412 di re Ladislao e    
                              della regina Giovanna II del 1421. Antrodoco fu    
                              inclusa nel quarto di S. Giovanni extra, finché,    
                              nel marzo del 1529, fu scorporato dal contado    
                              aquilano e infeudato dal principe d'Orange a    
                              Giovanni Battista Savelli, al quale succedette il    
                              figlio Federico. Antrodoco fu poi infeudato ai    
                              Colonna; successivamente passò alle due famiglie    
                              fiorentine dei Bandini e dei Giugni. Di Antrodoco    
                              era originaria la famiglia C, dalla quale nacquero    
                              nel Seicento numerosi artisti, il più famoso dei    
                              quali fu Carlo, pittore ed incisore di notevole    
                              rilevanza. Per quanto riguarda la tassazione,    
                              elementi di un certo interesse possono essere    
                              ricavati dalla riforma fiscale operata da Alfonso    
                              I d'Aragona nel 1443, che, abolito il precedente    
                              sistema contributivo che gravava sulla rendita,    
                              introdusse al suo posto una tassa di 10 carlini a    
                              famiglia o "fuoco ", fatto questo che    
                              imponeva la numerazione delle famiglie. Va tenuto    
                              presente come questi dati siano principalmente    
                              fiscali, ma in loro si ha comunque un riflesso    
                              sull'evoluzione dell'economia e della demografia    
                              di ogni singolo centro. Nel 1488 ad Antrodoco    
                              furono tassati 63 " fuochi ". Nel 1508 i    
                              " fuochi " accesi e quindi soggetti a    
                              tassazione erano 57, dei quali 3 di immigrati da    
                              contado aquilano, e ben 13 quelli spenti, perciò    
                              esenti, corrispondenti a una popolazione di 382    
                              abitanti. Nel 1532 i " fuochi " tassati    
                              erano 119, nel 1545 153, nel 1561 185, nel 1595    
                              231,nel 1604 309, nel 1665 255, nel 1669, nel 1688    
                              e nel 1702 219, mentre nel 1737 erano 228. La    
                              popolazione sullo scorcio del Settecento era di    
                              2164 persone. Il tessuto urbano di Antrodoco    
                              mostra le tracce di una ristrutturazione compiuta    
                              in età angioina, tra XIII e XIV secolo.    
                              L'impianto si dimostra regolare e si articolava    
                              sulla piazza principale nella quale confluivano i    
                              due assi viari più importanti che si raccordavano    
                              alla Salaria attraverso la via del Ponte e la    
                              porta di S. Anna, del XIII - XIV secolo, superando    
                              il Velino e, subito dopo, si divideva in due rami,    
                              uno per Ascoli, l'altro per l'Aquila. Il centro    
                              storico, ampiamente ristrutturato dopo il    
                              catastrofico terremoto del 1703, si articola    
                              intorno alla piazza del Popolo su cui affaccia il    
                              duomo dedicato a S. Maria Assunta e radicalmente    
                              ristrutturato dopo il sisma settecentesco.Il    
                              portale romanico proviene da S. Maria extra moenia,    
                              mentre nell'unica nave si aprono, simmetricamente,    
                              5 cappelle. Da ricordare anche il monastero di S.    
                              Chiara, complesso che sorge nel centro cittadino,    
                              la chiesa settecentesca delle Anime Sante e il    
                              convento di S. Agostino, fondato prima del 1358    
                              presso la porta di S.Anna, all'interno della quale    
                              è murata una epigrafe che ricorda i lavori fatti    
                              eseguire da Traiano nel 110 - 111 per contenere la    
                              frana di un monte che doveva minacciare la    
                              Salaria. Di particolare rilevanza è poi la chiesa    
                              di S. Maria extra moenia . Questa chiesa è    
                              menzionata molto probabilmente già nel VI secolo    
                              in un passo dei dialoghi di S. Gregorio Magno, che    
                              ricordava un miracolo avvenuto ad un suo prete,    
                              Rustico. Le origini della chiesa sono però    
                              senz'altro antiche e vanno probabilmente connesse    
                              con il precoce insediarsi in Antrodoco di una    
                              comunità cristiana, fatto questo agevolato, come    
                              più volte detto, dall'importanza del nodo    
                              stradale che vi confluiva. Probabilmente il primo    
                              edificio sacro va fatto risalire al IV - V secolo,    
                              periodo al quale possono essere datati due    
                              capitelli di lesena con incisa la formula    
                              cristiana vivas in Deo. Chiaramente la    
                              chiesa ha subìto nel tempo diverse    
                              ristrutturazioni,restauri e rifacimenti più o    
                              meno complessi, tra i più importanti quelli del    
                              1050 - 1051, che ne hanno alterato ed obliterato    
                              le fasi più antiche. Nonostante ciò l'edificio    
                              conserva ancora molte parti della struttura    
                              romanica. IL santuario di S. Maria delle Grotte    
                              sorge lungo le Gole di Antrodoco a ridosso della    
                              statale per l'Aquila. La chiesa fu costruita agli    
                              inizi del Seicento nel luogo dove una povera    
                              pastorella di 9 anni, Bernardina Boccacci, nell'    
                              ottobre del 1601, aveva scoperto nei pressi di una    
                              grotta, scostando alcuni arbusti, una sacra    
                              immagine che rappresentava la Vergine che teneva    
                              in braccio Gesù Bambino. La scoperta    
                              dell'immagine provocò un immediato fervore    
                              popolare tanto che il vescovo di Rieti, mons.    
                              Cesare Segni fece erigere sul luogo un altare e vi    
                              celebrò la prima messa il 29 settembre del    
                              1602,accordando una indulgenza di 40 giorni.    
                              Dapprima la custodia del luogo fu affidata ad un    
                              eremita, ma il grande afflusso dei fedeli e le    
                              grazie che la Vergine dispensava, spinsero alla    
                              costruzione di un tempio confacente alla fama che    
                              la sacra immagine aveva suscitato. Gli abitanti di    
                              Antrodoco raccolsero rapidamente le somme    
                              necessarie ad avviare la fabbrica che fu iniziata    
                              il 24 aprile del 1603 e completata, grazie alle    
                              generose oblazioni dei fedeli, nel giro di appena    
                              un anno. Il progetto fu redatto dall'architetto    
                              toscano Fausto Ruggeri da Montepulciano.    
                              
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