Nell’anno 1970 monsignor Alberto Polverari
assegnò il nome virgolettato di “Codice di San
Gaudenzio” ad un inedito cartulario, mancante
della parte iniziale, conservato nell’Archivio
di Stato di Pesaro, nel fondo delle
Corporazioni religiose
soppresse. Il
Polverari, congiuntamente all’archivista Eros
Gregorini, dette poi inizio alla trascrizione
per l’edizione critica del cartulario, opera
continuata dopo la sua morte da Ettore
Baldetti, il quale ultimo ne ha curato la
presente edizione integrale definitiva,
dotandola di ampia e dotta
Introduzione,
di apparato critico, di commento esegetico, di
Appendice,
di 21 Tavole
e di diversi
Indici, in
questa ultima parte coadiuvato da Simona
Gambarara.
Questo cartulario è la copia quattrocentesca
(1428) di una raccolta di regesti, desunti
dopo l’anno 1324 da documenti a carattere
amministrativo, appartenenti al Monastero
riformato benedettino di San Gaudenzio di
Senogalia,
comune litoraneo della medievale Marca
d’Ancona, e attestanti i diritti di proprietà
dell’ente religioso, il quale, ubicato nelle
immediate vicinanze del centro urbano, lungo
un antico diverticolo della Via Flaminia, era
particolarmente legato alla città sotto il
profilo religioso e politico per il tramite di
importanti famiglie di ascendenza longobarda.
L’origine del Monastero sembrerebbe potere
essere fatta risalire al periodo della regina
longobarda Teodelinda e all’indirizzo
religioso Tricapitolino propugnato dalla
monarchia longobarda tra la fine del secolo VI
e gli inizi del VII.
I regesti sono 326 e coprono l’arco di tempo
compreso fra l’anno 1106 e il 1324: si tratta
nella stragrande maggioranza di rinnovi di
contratti enfiteutici. Questi furono gli anni
durante i quali l’Abbazia di San Gaudenzio,
forse per motivi politico-economici, da quegli
stessi nobili di antica ascendenza longobarda
che l’avevano fino allora gestita, era stata
affidata alla giurisdizione del Monastero
riformatore di Santa Maria di Sitria, fondato
da San Romualdo nell’Appennino a occidente di
Senigallia: questo, per la sua posizione
strategica - si trovava nell’area di confine
fra le Marche centrali, l’Umbria e il
Patrimonium Sancti Petri
- proprio in quegli anni aveva assunto grande
rilevanza politica oltre che religiosa.
La raccolta di regesti di questi atti
amministrativi riguardanti le proprietà
dell’Abbazia affiliata di San Gaudenzio fu
dunque voluta dalla casa-madre, per la quale
tali beni, trovandosi nell’area compresa fra
il mare e la fascia pedemontana, costituivano
la cosiddetta ‘Marina’.
I 326 regesti aprono una finestra sulla vita
di questa parte delle Marche centrali durante
i secoli XII, XIII e XIV ineunte. Vi sono
menzionate persone, con relativi luoghi e
fatti, le cui vicende familiari e patrimoniali
consentono di trarre conclusioni proprio per
quei secoli durante i quali la storia
politica, religiosa ed economica è in tutta
l’Italia, ed anche nella restante Europa,
molto intricata e ricca di fermenti e di
contraddizioni, e in sostanza, ancora
bisognosa di chiarimenti: “permettono infatti
di lumeggiare un periodo ancora oscuro della
storia della Marca d’Ancona, quello che va
dall’anno della morte dell’imperatore Enrico
IV agli inizi della ‘cattività avignonese’,
quando i pontefici da Avignone sottopongono ad
un più stretto controllo amministrativo gli
enti ecclesiastici italiani”.
Il nucleo della presente pubblicazione è certo
rappresentata dall’impeccabile edizione dei
regesti, corredati da puntuali commenti, ma
ragguardevole è anche l’apporto dell’ampia
Introduzione:
in essa viene presentata con ricchezza di
particolari la storia dell’Abbazia di San
Gaudenzio di Senigallia e di quanto intorno ad
essa si è mosso in quei secoli centrali del
Medioevo. L’Introduzione
si articola infatti in sei capitoli, ognuno
dei quali rappresenta una sintesi fra le
informazioni offerte dai regesti stessi e i
risultati della ricerca storica su ognuno
degli specifici argomenti.
Dopo un primo breve capitolo, nel quale viene
giustificata la scelta del titolo del volume e
i legami fra “Codice” e “questione
longobarda”, il secondo è una attenta
ricostruzione del contesto geografico-storico
nel quale si formò e operò il Monastero di San
Gaudenzio, dalle origini longobarde al suo
coinvolgimento con le aspirazioni delle
famiglie aristocratiche locali e con le
politiche imperiali e papali, fino alla crisi
e decadenza nella prima metà del secolo XIV.
Il terzo capitolo descrive gli Enti
ecclesiastici, ai quali fanno appunto
riferimento i regesti qui editi: fra questi
occupa ovviamente una posizione di spicco
proprio quello di San Gaudenzio; il quarto
capitolo è dedicato all’ambientazione
topografico-storica dei possessi di cui si
tratta ed all’analisi prosopografica (e spesso
anche linguistico-onomastica) dei nomi propri
(latini, greci, germanici, italiani) di tutti
coloro che con questi possessi erano a vario
titolo collegati. Questo capitolo è di grande
interesse per la conoscenza della storia
economica, politica, linguistica, religiosa
della città di Senigallia e per
l’individuazione della posizione strategica
della stessa Abbazia di San Gaudenzio. Gli
ultimi capitoli descrivono il manoscritto e i
criteri di edizione. Corona
l’Introduzione
l’ampia e aggiornata
Bibliografia,
la quale, insieme all’Introduzione,
costituisce un’ottima base di partenza per
ulteriori ricerche e riflessioni.
Nell’Appendice
sono stati editi documenti provenienti da
altri fondi: essi datano dal periodo
precedente, cioè quello durante il quale
l’Abbazia di San Gaudenzio era autonoma e non
ancora affiliata all’Abbazia di Sitria. Questi
testi aiutano a comprendere l’ascesa del
monastero di San Gaudenzio ed il suo legame
con le famiglie aristocratiche dell’area.
Non meno utili ed importanti sono gli
Indici
e non solo per la ricchezza di testimonianze
antroponimiche e toponimiche offerte, ma
soprattutto per il metodo adoperato, il quale
consente confronti e verifiche con altre coeve
regioni italiane, e li rende quindi altamente
fruibili a coloro che, oltreché agli aspetti
storico-politici, siano attenti anche a quegli
aspetti linguistici e onomastici, i quali sono
euristicamente precipui e fondamentali del
progetto PatRom che ha dato vita a questa
edizione.
Maria
Giovanna Arcamone
Dipartimento di Linguistica
Università degli
Studi di Pisa