Avevo
scritto tanti testi di storia ricostruendo le
vicende e la vita di personaggi di ogni epoca,
ma in quella giornata non potevo immaginare di
affrontare un tema, ancora più difficile,
rendendo vivi i racconti di un uomo e di una
famiglia dell’entroterra romagnolo a confine
con il pesarese.
Quando incontrai Italino era una splendida
giornata di primavera e lui mi aspettava,
diversamente a quanto pensassi, non in casa ma
all’esterno, come a significare che anche lui
facesse parte integrante di quella terra forte
ed antica.
Tutt’attorno alle sedie ed al tavolo facevano
da contraltare gli ulivi, i cui rami e foglie
discretamente si muovevano alla brezza
primaverile. E poi gli odori ed i profumi di
quella terra, che in perfetta armonia
contribuivano a creare la cornice ideale al
nostro incontro.
Montegridolfo quel giorno appariva ancora più
bella di quanto la conoscessi.
La
prima impressione che ebbi di Italino fu di
una persona estremamente gentile, un uomo di
altri tempi: mi fece subito accomodare e fece
un riferimento a quella terra.
Poche
parole dalle quali trapelava un profondo e
grande amore per il luogo natio, per quelle
colline e natura, al pari di un vecchio lupo
di mare che racconta delle onde e delle acque
che lo hanno accompagnato per una vita intera,
trasformando anche le durezze sopportate in un
amore rispettoso ed immenso.
Tutto
l’attorno, a cominciare dagli ulivi, sembrava
capire ed apprezzare quelle parole, ed una
folata improvvisa di brezza più forte delle
altre, quasi fosse un segnale, mi fece
percepire che ci trovavamo in un luogo dove
natura e uomo si fondono per divenire un’unica
entità.