Testi tratti dai tomi in corso di compilazione
per onorare i seicento anni dalla nascita:
Le leggende, le storie tramandate, i miti
degli eroi, le visioni di cavalieri sono
queste le motivazioni che mi hanno sollecitato
ad approfondire con spirito di indagine nella
storia di questo luogo “Locco” quando un caro
amico, che avevo da poco conosciuto nel 2013 a
Pesaro, Vincenzi Luciano mi narrò che lì dove
abitava, senza ancora veramente sapere il
perché, vi era stato un castello e che da anni
gruppi di persone si avvicendavano per trovare
tesori nascosti.
La mia curiosità venne
colpita quando mi venne narrata la notizia che
in quel luogo vi era stata una battaglia
importante e che di questo si era persa la
memoria. Avendo già iniziato un lavoro di
ricerca su Guido da Montefeltro, ricollegai
subito il luogo quando gli esuli urbinati
guelfi cacciati dallo stesso Guido da Urbino
si rifugiarono a Sassocorvaro
Parole,
narrazioni, tradizione orale ma quanto vi
poteva essere di vero in tutto questo?
La
prima indagine che deve fare uno storico è
quella di individuare sulle carte geografiche
il luogo della ricerca e per questo avevo già
una grande base grazie al legato che mi aveva
fatto nel 2008 il prof. Francesco Bonasera
Finzi donandomi tutta la sua biblioteca e i
suoi manoscritti.
Individuai il sito in
località Ca’ Braccio frazione del comune di
Sassocorvaro, in provincia di Pesaro Urbino,
nella regione Marche e dista 11,14 chilometri
dal medesimo comune ed è tra Santa Maria in
Val di Lolo (impropriamente scritto nella
carta dell’IGM essendo il termine giusto Loto)
Ca’ Braccio e Ca’ Stefano. Ma il luogo preciso
del Monte Locco lo individuai proprio sotto la
villa del mio amico Vincenzi.
Nel tempo mi
formai sul posto un gruppo di amici che mi
confortarono con una prima base di notizie: G.
Ugolini per i documenti sulle chiese, S.
Tiberi per la ceramica; E. Fabbri per la
logistica; L. Vincenzi e N. Brugnettini per le
ricerche sul campo; F. Fraternali per la
visione delle ceramiche conservate nella Rocca
Ubaldinesca, G. Rengucci per le notizie
locali, F. Biagi per le notizie sui restauri,
R. Brugnettini con la Proloco per il sostegno
sulle indagini.
Un gruppo che mi ha dato la
spinta a ricercare negli archivi e le
biblioteche che vorrei citare avendo avuto
dalle direzioni ed i dipendenti un grande
apporto per la compilazione di questa opera:
Biblioteca Apostolica Vaticana, Archivio di
Stato di Ravenna (pergamena); Archivio di
Stato di Rimini (pergamena); Archivio di Stato
di Pesaro per la pubblicazione di manoscritti
e cabrei inediti; Archivio di Stato di Urbino;
Archivio diocesano di Pesaro; Archivio
dioceano di Urbino; Biblioteca Centrale
Umanistica dell'Università degli Studi di
Urbino; Biblioteca Pasquale Rotondi della
Galleria nazionale delle Marche (un
particolare ringraziamento alle bibliotecarie
sig.re Pucci Albina e Gostoli Emanuela),
Urbino; Ente Olivieri, Biblioteca e Musei,
Pesaro (un particolare ringraziamento al
Presidente dell’Ente Olivieri, Riccardo Paolo
Uguccioni ed a Marco Savelli; un
ringraziamento al Direttore Maria Grazia
Albertini, alla bibliotecaria Brunella Paolini
ed ai dipendenti della biblioteca Luca
Cangini, Marisa Capuccini, Rosa Carrella,
Morena Baioni, Franco Pasquinelli, Ida Tamci);
Biblioteca d’arte dei musei civici, Pesaro;
Biblioteca d’arte Signoretti, Pesaro;
Biblioteca comunale di Urbania (un particolare
ringraziamento al direttore Feliciano Paoli);
Polo Culturale di Eccellenza - Palazzo Berardi
Mochi-Zamperoli, Biblioteca Comunale di Cagli;
Biblioteca Passionei di Fossombrone;
Biblioteca comunale di Sassocorvaro.
Grazie
a tutto il patrimonio archivistico e
bibliotecario ho potuto ricostruire una storia
di mille anni. Ma la mia indagine,
particolarmente per i giovani studiosi e i
lettori di storia, mi induce a narrare come
tutto nasce e si sviluppa da un semplice dato
per diventare una rete di dati.
L’indagine,
in un luogo completamente sconosciuto, mi ha
portato a cercare di desumere il maggior
numero di informazioni dalle fonti scritte e
considerando i risultati di analoghe ricerche
svolte in aree contermini. È chiaro che per
taluni aspetti è stato necessario basarsi su
ricerche originatesi da impostazioni o da
ipotesi di lavoro molto differenti, sfruttate
attraverso l’isolamento di determinati dati,
in funzione di una rilettura più
specificatamente attinente all’oggetto della
presente ricerca.
In una prima fase della
ricerca è stata considerata soprattutto la
sfera di azione dei promotori, fossero essi
poteri laici o religiosi, circoscrivibili in
un determinato ambito geografico, che avessero
espresso una motivata e volontaria
strutturazione del popolamento. Vanno distinti
i due elementi quello del castrum Monte Locco
e quello religioso di Santa Sofia.
Nella
seconda fase si è proceduto con un’analisi del
territorio in senso diacronico, finalizzato
allo studio dell’insediamento nei secoli
bassomedievali, impostato attraverso un
approccio alle fonti scritte differente
rispetto a quello applicato per i secoli
centrali del medioevo.
La progressiva
conquista del contado da parte prima dei
Bennoidi di Rimini (1029) e poi con la
donazione (1061) al monastero di S. Gregorio
in Conca a San Pier Damiani poiché in quel
periodo era in Romagna in veste di promotore e
divulgatore dell’opera di rinnovamento
monastico e di sviluppo della Congregazione di
Fonte Avellana . Questo determinò un vero e
proprio mutamento nell’assetto
dell’organizzazione territoriale che in
seguito si trasformò diventando un caposaldo
militare dei Malatesta e per loro della
Famiglia Brancaleoni di Casteldurante
(Urbania) fino ad arrivare a far parte di
Urbino sotto Federico, dopo la battaglia di
Montelocco del 1441, nel 1443 con investitura
di Eugenio IV a favore di Oddantonio da
Montefeltro e del Papa Niccolò V a favore di
Federico.
La prima ricerca storica va
sempre fatta nell’individuare il luogo
fisicamente andando sul posto con il supporto
di una cartografia IGM e delle mappe catastali
1:2000 ed oggi con l’agevolazione di un GPS.
Nella carta IGM e nei catastali il toponimo
non è menzionato e solo dopo varie ricerche
fatte all’Archivio di Stato di Pesaro ho
scoperto un inedito disegno del 29 maggio 1648
“Monte Locco distructo” nei manoscritti della
Legazione Apostolica di Urbino e di Pesaro
“Lettere della comunità di Sassocorvaro, anno
1649, busta 2”.
Per individuare i documenti
è stato necessario sapere in sintesi come è
strutturata la parte archivistiva, così come
riportata dalla rubrica dei documenti della
Legazione Apostolica, che meglio definisco per
comprendere la ricerca effettuata.
Sassocorvaro, pur facendo parte della
circoscrizione territoriale del Montefeltro,
non fu soggetto al Commissario Feretrano
giacchè restò terra infeudata fino al 1626.
Guidobaldo da Montefeltro nel 1504 aveva
concesso in feudo Sassocorvaro e Valditeva al
conte genovese Filippo Doria (che terminò di
costruire la rocca). Estintosi nel 1548 il
ramo maschile di questa famiglia, il feudo
passò per grazia a quello femminile al quale
rimase fino al 1626 anno in cui morì l’ultimo
Doria Giovanni Tommaso. Il territorio del
comune ritornò dunque a far parte del ducato e
nel 1631 della Legazione Apostolica; tuttavia
troppo tempo era ormai passato dalla
costituzione del Commissariato del
Montefeltro, per cui Sassocorvaro, al momento
del suo rientro nei territori ducali e poi
pontifici, ed in particolare nella Provincia
del Montefeltro, non venne incorporato
burocraticamente tra le terre che cadevano
nella giurisdizione del Commissario Feretrano,
ma ebbe una propria organizzazione che gli
valse, nell’archivio legatizio, una sottoserie
a sé stante, come accadde per Apecchio i cui
documenti dovevano essere inseriti nella
sottoserie Provincia di Massa Trabaria, e per
Mondolfo, San Costanzo e Castel Vecchio le cui
carte dovevano far parte delle sottoserie
Vicariato di Mondavio.
Il paese di
Sassocorcaro definito ‘terra’, ebbe un dottore
con il titolo di Podestà (precedentemente era
governato da un notaio con il titolo di
Vicario) che era competente di tutte le cause
civili, criminali e miste; era nominato con
patente semestrale e con riconferme poteva
durare in carica fino a 18 mesi. Era
stipendiato per due terzi dalla Camera e
l’altro terzo dalla Comunità. Il Procuratore
fiscale era deputato con patente e durava in
carica ad arbitrio del Legato.
La maggior
parte dei documenti in molti casi non coincide
con l’anno indicato nelle buste e quindi è
sempre necessario sfogliare tutto ed è questo
il compito più faticoso e difficile sia per la
vista ma anche per la pazienza.
Confortato
da questa scoperta fui costretto a sfogliare,
leggere e fotografare (di cui ho creato una
banca dati) per molti mesi tutte le carte
manoscritte di Sassocorvaro, circa 5.045
documenti tra il 1631 ed 1690 e sfogliando
fino al 1808, per un totale di 22 buste.
Tra i documenti rintracciai anche l’inedito
disegno del vallato della diga del 28 ottobre
1754 nelle Legazione Apostolica di Urbino e di
Pesaro “Lettere della Comunità, Provincia di
Montefeltro, Sassocorvaro ‘terra’, busta 133
(ex. 5275)”. Sassocorvaro ‘terra’ pur
aggregata alla Provincia di Montefeltro non
cadeva nella giurisdizione del Commissario
Feretrano pur essendo inserita nell’archivio
alla sottoserie dedicata. Ma il nostro
documento lo ritroviamo nelle lettere della
Provincia di Montefeltro.
Questa
circoscrizione territoriale era la più vasta
tra quelle che componevano la Legazione
Apostolica di Urbino e Pesaro abbracciando
tutto il Montefeltro propriamente detto e
sconfinando in zone che attualmente sono nella
regione Emilia-Romagna come ad esempio Monte
Gello. Le principali comunità di cui si
componeva erano: S. Leo, Macerata Feltria,
Monte Cerignone, Monte Grimano, Pietracuta,
Pietrarubbia, Pennabilli, Casteldelci, Monte
Gelli, Sassofeltrio, dal 1631 Sassocorvaro e
dal 1660 Sant’Agata Feltria. A questi paesi,
naturalmente, vanno aggiunti tutti gli
appodiati, le ville, i castelli che
dipendevano da queste comunità maggiori come
Santa Maria di Soanne, Maiolo, Gesso,
Certalto, Monte Boagine, Senatello, Maciano,
Monte Maggio, Piagnano, Montegnano, Ponte
Pietra ed anche qualche piccolo feudo come ad
esempio Poggio dei Berni. È necessario far
notare però che Sassocorvaro, pur entrando
territorialmente nella Provincia del
Montefeltro, non dipendeva burocraticamente
dal Commissario Feretrano che risiedeva a San
Leo e nella organizzazione dell’archivio, nel
momento in cui cessata la sua infeudazione, il
paese rientrò nel 1626, come abbiamo già
detto, a far parte prima dei territori del
Ducato e poi dal 1631 di quelli della
Legazione, le sue carte furono organizzate in
una sottoserie a sé stante come accadde per
Apecchio e per Mondolfo, San Costanzo e Castel
Vecchio.
L’organizzazione burocratica della
Provincia era la seguente:
a San Leo,
capoluogo della Provincia, risiedeva il
Commissario Feretrano che sovrintendeva a
tutti gli ufficiali della Provincia; ogni
ordine infatti impartito dall’Udienza era
recapitato a lui che provvedeva poi se
informarne, con lettere, gli ufficiali di
tutte le comunità. Era giudice di appello di
tutte le cause che provenivano dai tribunali
della Provincia, mentre era giudice di primo
grado per tutte le cause criminali che il suo
Barigello istruiva ed a lui portava quando, su
suo ordine, andava ispezionando i territori
della Provincia. Aveva facoltà di rescritto di
grazia con la quale competenza poteva cessare
le querele, le denuncie, le condanne delle
cause criminali di tutti i tribunali della
Provincia ad eccezione di quelle di Maciano
annesso alla Podesteria di Pennabilli e doveva
proseguire quelle cause criminali che i
giudici ordinari non riuscivano a terminare
entro un mese. Era nominato con patente
semestrale e poteva durare in carica con
riconferma fino a tre anni; era stipendiato
parte dalla Camera e parte dalla comunità
della Provincia.
Il Cancelliere di San Leo,
notaio, veniva deputato con patente per sei
mesi e poteva restare in carica fino a tre
anni. Il Podestà della città, un tempo notaio,
poi dottore, era giudice ordinario di tutte le
cause civili, criminali e miste; eletto con
patente semestrale poteva durare in carica con
riconferma fino a due anni ed era pagato parte
dalla comunità e parte dalla Camera.
Il
Procuratore Fiscale che operava per l’intera
Provincia ad eccezione di Sant’Agata Feltria,
era deputato con una sola patente e poteva
restare in carica ed arbitrio del Legato ed
era stipendiato dalla comunità. Il Barigello,
che era nominato con patente semestrale e con
riconferme poteva restare in carica fino a due
anni, aveva obbligo di tenere al suo servizio
sei sbirri ed un cavallo ed era stipendiato
dalla Camera.
Dopo aver finito questa
ricerca affrontai la indagine sui documenti
più antichi e primo fra tutti la pergamena del
1061 dove è attestato che a Rimini, Armingarda
q. Tebaldo dona al monastero di S. Gregorio in
Conca dei terreni acquistati da Gisaltruda q.
Petri, per un totale di 40 mansi, siti nel
territorio di Urbino, nelle pievi di S. Sofia
e S. Maria in Arbor Simigni, oltre Monte
Rotondo; dona inoltre la chiesa di S. Angelo
di Morciano e la chiesa di S. Felicita. [Copia
autentica del sec. XII in ASRm, 1061, senza
mese e giorno,Perg. 7, n.inv. 5].
Il
documento lo avevo tratto dal testo di Rossi
Enrico, “Memorie ecclesiastiche di Urbania” ma
non era rappresentata la fotografia
dell’originale per verificare il testo
originale. Il documento conservato
nell’Archivio di Stato di Rimini fu da me
verificato e su concessione della direzione mi
fu data la fotografia dello stesso
autorizzandomi la pubblicazione.
Ma una
donazione presuppone un atto di acquisto. Il
documento lo rintracciai sempre nel Fondo
Diplomatico dell’Archivio di Stato di Rimini e
proveniente dall’Archivio dell’abbazia di
Santa Maria Annunziata Nuova di Scolca. Un
inedito per la storia di Sassocorvaro del 1029
di cui tratterò nei particolari nel capitolo
dei documenti. [Perg. N.3 – 1029, gennaio 11,
territorio urbinate, diocesi feretrana
(Pesaro-Urbino).
A seguito di questa
scoperta affrontai la ricerca su tre temi,
tutti collegati facendo riferimento a il
territorio di Montelocco: la famiglia dei
Bennoidi, San Gregorio in Conca e gli
avellaniti e la pieve di Santa Sofia.
Tutto
sarà più chiaro nella esposizione che in
seguito ho descritto ed adesso auguro una
buona lettura e che a tutti si possano aprire
nuovi orizzonti!
Dott. Ernesto Paleani
(pubblicista iscritto al USGI Unione
Sanmarinese Giornalisti e Fotoreporters n.
159)