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Ernesto Paleani scrittore

Incensiere bizantino in oricalco

2023 Il tesoro della basilica bizantina di Santa Sofia sede del Patriarcato di Costantinopoli. Turibulum. Incensiere bizantino in oricalco. Iconografia ed iconologia. Indagini e ricerca (Attorno all’arte, vol. 38) Cagli 2023.  ISBN 978-88-7658-245-5.

 

 

 

Diedero i Crociati la scalata a Costantinopoli il giorno 12 Aprile 1203, e perchè la disperazione non ordinasse sull’ultimo momento la moltitudine dei vinti a morire, combattendo per le culle dei figli e le tombe degli avi, incendiarono i vicini quartieri. Ben presto il vorace elemento portato da un soffio gagliardo annunziò fino ai confini estremi della città la presenza di un vincitore inesorabile. Non fu chi osasse resistere. La soldatesca sfrenata inondò saccheggiando delubri, case, palagi, sepolcri. Il terrore della morte, l'angoscia delle torture, rivelò i tesori da previdenza sotterra nascosti. Le spoglie vinsero la speranza e, se pur era possibile, anche la cupidità dei Latini. Più lardi, consentendolo o meglio ordinandolo i duci, trascinaronsi i bronzi, siccome io penso già sfigurati e rotti, alle fucine del Bucoleone.

Niceta, miracolosamente preservato dall'animosa gratitudine d'un mercadante veneziano, già riparava colla sua famiglia tra le mura di Cilindria. Egli non avverò cogli occhi proprii la deformazione prodotta in que' monumenti dal ripetuto imperversare delle fiamme e dall' insania, nell'ultiaie sciagure irrefrenablle, de' suoi nazionali. Se per altrui voce conobbela dissimulò, unicamente inteso ad esalare il proprio dolore, sospirando sulle ceneri e sulle catene della sua magna ed un tempo dominatrice metropoli, ed imprecando aglì oppressori di lei, ciò che solo resta ai vinti, la vendetta della posterità. Confuse perciò i mali inevitabili della guerra cogli affetti d'una stupida ferocia e d'uno spilorcio interesse, ed immemore d'aver tanto vantate le ricchezze rinvenute dal vincitori, sperò l’infamia loro duratura in tutti i secoli avvenire.[1]

Così un testimone dell’epoca, Choniates Nicetas, raccontò delle spoliazioni di Costantinopoli.

Costantinopoli per secoli ai devoti ed ai pellegrini occidentali fu un contenitore dei più preziosi cimeli del Cristianesimo antico nelle collezioni delle sue chiese. La cappella bizantina di Pharos della chiesa della Vergine di Pharos, ed in particolare il tesoro imperiale era una cappella costruita nella parte meridionale del Gran Palazzo di Costantinopoli, che portava il nome della torre del faro (pharos) che sorgeva accanto ad esso.[2] Essa ospitava una delle più importanti collezioni di reliquie cristiane nella città, e fungeva da principale cappella palatina degli imperatori bizantini, costituendo un modello da imitare per le maggiori istituzioni e i principali centri urbani d'Europa.[3]

L'attrazione dei Latini verso i tesori sacri della capitale bizantina si manifestò durante la quarta crociata e nell'intero periodo del dominio franco (1204-1261)[4], quando una gran parte delle reliquie fu portata via verso i paesi dell'Occidente.

Costantinopoli venne spogliata dei suoi oggetti più prestigiosi.

Nelle fonti medievali relative alle reliquie venerate nella Cappella del Faro, la chiesa privata del Basileus nel Palazzo Imperiale di Costantinopoli viene citata una fonte finora negletta di Leo Tuscus,[5] scrittore pisano[6] che fece un'accurata descrizione della chiesa e testimoniò la specifica venerazione per un'immagine della Madre di Dio "Oikokyra", percepita come protettrice soprannaturale della Casa Imperiale.[7]

 Nel corso del secolo XIV i viaggiatori non mancarono di ricordare la proverbiale ricchezza di oggetti sacri delle maggiori chiese, a partire da Santa Sofia, la celebre basilica rivestita di marmo e coperta d'oro.

Per i Frati minori insediati a Pera, il quartiere sotto controllo genovese sulla sponda opposta del Corno d'Oro, la competizione con i luoghi devoti greci si rivelava quanto mai ardua; l'ambasciatore castigliano Ruy Gonzalez de Clavijo[8], che visitò la chiesa di San Francesco nel 1403, ebbe modo tuttavia di apprezzare un buon numero di cose sacre, tra cui anche un reliquiario del braccio di sant'Anna, a cui mancava un dito di cui si era appropriato l'imperatore Manuele II per la sua collezione personale, e una stauroteca contenente reliquie dei santi Giovanni e Dionisio che, in seguito a una controversia giudiziaria, il patriarca bizantino era riuscito ad ottenere indietro dai cavalieri latini che se ne erano impossessati durante il sacco del 1204[9].

Con le spoliazioni anche questo incensiere bizantino in oricalco fu soggetto alla dispersione nei secoli ed oggi ne pubblico il rinvenimento da una collezione estera che mi ha dato la possibilità di vederlo e studiarlo.

Ringrazio la disponibilità delle biblioteche che mi hanno dato la possibilità di leggere e studiare questo periodo storico: Biblioteca Centrale Umanistica dell'Università degli Studi di Urbino; Biblioteca Pasquale Rotondi della Galleria nazionale delle Marche, Urbino; Biblioteca di archeologia e storia dell’arte del Polo museale del Lazio, Roma; Biblioteca civica Gambalunga, Rimini; Ente Olivieri, Biblioteca e Musei, Pesaro; Biblioteca d’arte dei musei civici, Pesaro; Biblioteca d’arte Signoretti, Pesaro.

Molte fonti le ho anche ritrovate nella mia “Biblioteca-Archivio Ernesto Paleani” con edizioni rare ed introvabili nelle biblioteche italiane che nel tempo ho copiato e stampato.



[1] Il frammento di Niceta Choniate sui monumenti distrutti a Costantinopoli dall'esercito crociato l'anno MCCIII (Choniates Nicetas ca 1140-1213) Coi Tipi della Minerva, Padova 1838, pp. 14-15.

[2] Bacci Michele, Vera Croce, vero ritratto e vera misura: sugli archetipi bizantini dei culti cristologici del medioevo occidentale, in Byzance et les reliques du Christ (Travaux et mémoires du Centre de recherche d'histoire et civilisation de Byzance. Monographies, 17; 20. congres international des etudes byzantines, Paris 19-25 aout 2001) edite par Jannic Durand et Bernard Flusin Paris : Association des amis du centre d'histoire et civilisation de Byzance, 2004, pp. 223-238; Holger A. Klein, Sacred Relics and Imperial Ceremonies at the Great Palace of Constantinople, in F.A. Bauer (a cura di), Byzas, n. 5, 2006, pp. 79–99.

[3] F. De Mély, Exuviae sacrae Constantinopolitanae, Paris 1905; B. Flusin, Construire une nouvelle Jérusalem : Constantinople et les reliques, in L'Orient dans l'histoire religieuse de l'Europe. L'invention des origines, a cura di M. A. Amir-Moezzi e J. Scheid, Turnhout 2000, p. 51-70, e ID., Les reliques de la Sainte-Chapelle et leur passé impérial à Constantinople, in Le trésor de la Sainte-Chapelle, catalogo della mostra (Parigi, 31 maggio-27 agosto 2001), a cura di J. Durand e M.-P. Laffitte con D. Giovannoni, Paris 2001, p. 20-31; Vostoënohristianskie relikvii/ Eastern Christian Relics, a cura di A. M. Lidov, Moskva 2003; M. Bacci, Relics of the Pharos Chapel: A View from the Latin West, in A. M. Lidov (a cura di), Eastern Christian Relics, Moscow 2003, pp. 234-246.

[4] Robert de Clary, Racconti della quarta crociata, tratti dalle prose di Robert de Clary e di Jofroy de Vilehardoin da V. De Bartholomaeis, Loescher, Roma 1904.

[5] Leo Tuscus (o Leo the Tuscan , fl. 1160/66–1182/83) è stato uno scrittore e traduttore italiano che ha servito come interprete latino - greco nella cancelleria imperiale dell'Impero bizantino sotto l'imperatore Manuele Comneno. Era il fratello minore di Hugo Etherianus . Non si sa nulla dei suoi primi anni di vita o della sua educazione, né dove lui e suo fratello abbiano acquisito il greco. Probabilmente arrivò a Costantinopoli, capitale dell'impero bizantino, con suo fratello intorno al 1160. Erano certamente lì quando scoppiò la controversia intorno a Demetrio di Lampe nel 1166. Non furono i primi traduttori pisani con conoscenza del greco a vivere a Costantinopoli ; Burgundio di Pisa era andato prima.

[6] Charles M. Marca, "Leone Tusco". A Kazhdan, Alexander (a cura di) L'Oxford Dictionary di Bisanzio . Oxford e New York: Oxford University Press (1991).; Charles H. Haskins, "Leone Tusco", Byzantinische Zeitschrift . (1924) 24 (1): 43–47.

[7] M. Bacci, Relics of the Pharos Chapel: A View from the Latin West, p. 234-246.

[8] González de Clavijo, Ruy Historia del gran Tamorlan e itinerario y enarracion del viage, y relacion de la embaxada que Ruy Gonçalez de Clavijo le hizo, por mandado del muy poderoso señor rey don Henrique el tercero de Castilla. Y un breue discurso fecho por Gonçalo Argote de Molina, para mayor inteligencia deste libro, ... En Sevilla, Impresso encasa de Andrea Pescioni, 1582; Historia del gran Tamorlan, e itinerario ... que Ruy gonzalez de Clavijo ..Pt. [2]: in Historia del gran Tamorlan : e itinerario y enarracion del viaje, y relación de la embajada que Ruy Gonzalez de Clavijo le hizo por mandado del ... rey don Henrique el tercero de Castilla. Y un breve discurso González de Clavijo, Ruy, 1782 En Madrid : en la Imprenta de Don Antonio de Sancha; Bacci Michele, Vera Croce, vero ritratto e vera misura, op. cit.; Ruy González de Clavijo (Madrid, ... – Madrid, 2 aprile 1412) è stato uno scrittore, diplomatico ed esploratore spagnolo di origine castigliana. Bibl.: Ruy Gonzalez de Clavijo, Embajada, trad. it. a cura di Paola Boccardi Storoni, Viaggio a Samarcanda 1403-1406. Un ambasciatore spagnolo alla corte di Tamerlano, Roma 1999, p. 77-78.

[9] Bacci Michele, Vera Croce, vero ritratto e vera misura, op. cit.; Storoni, Viaggio a Samarcanda op. cit., Roma 1999, p. 77-78.

 

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